Il Patent Box e le operazioni straordinarie: il vantaggio fiscale da fusione

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Operazioni straordinarie – il vantaggio fiscale “legittimo” da fusione

Non è raro che le aziende si affidino ad operazioni di Mergers & Acquisitions soprattutto a fini di organizzazione e ri-organizzazione interna, più che a scopo espansivo. Difatti, si sono potute apprezzare una serie di importanti operazioni di fusione e acquisizione nonostante le cause di instabilità e volatilità delle quotazioni di mercato che hanno caratterizzato il 2016. Tra di esse, la crisi di governo, il referendum costituzionale, la Brexit e le continue tensioni in termini di bilancio con l’Unione Europea.

Il report realizzato da Mergermarket per il nostro Paese, ha mostrato come nel 2016 si siano registrate 509 operazioni di M&A complessive. Tali operazioni detengono un valore pari a 50 miliardi di Euro. Record in termini di operazioni di questo genere, da quando, nel 2001, la società britannica ha iniziato a considerare i deal realizzati nel Belpaese.

Sorge il problema se un’operazione di mera natura organizzativa e strategica possa essere legittima anche laddove generi un vantaggio fiscale per l’azienda nascente e/o acquirente. Relativamente al regime “Patent Box”, in un’ottica di pianificazione fiscale, una operazione straordinaria può generare un vantaggio fiscale lecito. Questo considerando il maggior reddito agevolabile derivante dai beni immateriali derivante dal miglioramento del nexus ratio.

Il vantaggio fiscale “legittimo” da fusione: un caso concreto

Tale aspetto è stato oggetto di un recente interpello presentato all’Agenzia delle Entrate da un contribuente. Si richiedeva l’analisi di un caso concreto nel quale, in seguito ad operazioni straordinarie di natura strategica (fusione di aziende appartenenti allo stesso gruppo), si determinasse un legittimo vantaggio fiscale.
Il vantaggio fiscale è da considerarsi in termini di maggiore reddito agevolabile derivante dallo sfruttamento dei beni immateriali in virtù del miglioramento del nexus ratio.
L’amministrazione, analizzato il caso specifico, ha inteso considerare l’operazione non abusiva e, quindi, legittima.

Nello specifico, la fattispecie oggetto di interpello vedeva la presenza di due soggetti giuridici: Società Alfa e Società Beta.
La Società Beta deteneva la proprietà (ma vale anche nel caso in cui avesse detenuto i diritti allo sfruttamento economico) dei beni immateriali (brevetti). Tali brevetti, prima dell’operazione di fusione, risultavano concessi alla Società Alfa. Per quest’ultima si determinava una penalizzazione nel calcolo del coefficiente di rapporto tra i costi qualificati di R&S ed i costi totali (nexus ratio).

Vale la pena ricordare che il nexus ratio è un coefficiente pari al rapporto tra le spese per la Ricerca e Sviluppo relative al bene immateriale e l’insieme dei costi qualificati sostenuti. Si tratta dei costi di R&S per l’intangible ed eventuali costi per l’acquisto e/o l’acquisizione di licenze di sfruttamento del bene.
Ai fini del calcolo della base esclusa da tassazione IRES ed IRAP, tale coefficiente va moltiplicato per il reddito agevolabile associato ai beni immateriali.
Pertanto, un coefficiente inferiore all’unità determinerebbe un minor beneficio fiscale.

A titolo di maggior favore per il contribuente, è previsto che il numeratore di tale rapporto, costituito dai costi di R&S sostenuti per il bene immateriale, sia incrementato fino ad un massimo del 30% dei suddetti costi di Ricerca & Sviluppo.

Situazione pre-fusione e post-fusione: un confronto

Nel caso di specie, nella situazione pre-fusione, la Società Alfa vedeva il proprio coefficiente inferiore all’unità. Questo poichè aveva acquisito licenza di sfruttamento dei brevetti dalla Società Beta e sostenuto i relativi costi di royalties eccedenti la misura del 30% dei costi qualificati.
Dunque, il reddito generato dai beni immateriali era diminuito in virtù di tale considerazione.

La situazione post-fusione prevedeva una situazione di maggior favore per l’azienda in quanto il nuovo soggetto giuridico nascente, di fatto, usufruiva di un coefficiente pari all’unità. Infatti, tale soggetto incorporava al proprio interno la proprietà di tali beni senza sostenere costi per l’acquisto delle licenze di sfruttamento.

L’Agenzia delle Entrate ha definito non abusiva la situazione prospettata dal contribuente definendo come operazione aziendale “fisiologica” lecita dal punto di vista civilistico e che risponde alla sua funzione tipica.

Per saperne di più dei vantaggi che potresti ottenere, contattaci al più presto!

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